Prevenzione e contrasto alla violenza di genere sulle donne e loro figli. Progetto di Legge n. 345

Il Rapporto mondiale su violenza e salute presentato dall’OMS a Bruxelles il 3 ottobre 2002, definisce la violenza come un problema di salute pubblica, che in quanto tale va affrontato secondo un approccio interdisciplinare e scientifico, includendo la medicina, l’epidemiologia, la sociologia, la psicologia, l’educazione e l’economia. Il Rapporto evidenzia come un approccio di questo tipo enfatizzi l’azione collettiva e cooperativa, e coinvolga i diversi settori della vita pubblica. I dati sui casi di violenza di genere sono sempre più allarmanti. Segnatamente, stando ai più recenti dati ISTAT, il 31,5% delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subito violenza fisica; il 21% (4 milioni 520 mila) ha subito violenza sessuale, di cui il 5,4% (1 milione 157 mila) nella forma più grave dello stupro vero e proprio o del tentativo di stupro. Tali dati, già di per sé indicativi, assumono maggiore intensità alla luce del fatto che il 13,6% delle donne che hanno subito violenza (specie nella forma più grave), le hanno patite da partner o ex partner. Va chiarito, inoltre, che quanto si discute di violenza di genere, non si deve fare riferimento alla sola violenza fisica, ma anche alla violenza psicologica ed economica. Sul punto, purtroppo, i dati statistici evidenziano che il 26,4% delle donne ha subito comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo e intimidazione, nonché di privazione e limitazione nell’accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia, ad opera del partner, mentre la percentuale aumenta al 46,1% ad opera dell’ex partner. La situazione nel 2024 non appare incoraggiante, se si considerano i dati (sempre ISTAT), relativi alla quantità di chiamate al numero di emergenza 1522 del terzo trimestre 2024, ove si è registrato un incremento del 37,3% delle telefonate valide – dunque chiamate da parte di donne vittima di violenza che cercano supporto – rispetto allo stesso periodo dell’anno 2023. A ciò occorre aggiungere che il 73% delle donne che si rivolgono al servizio non denuncia la violenza subita alle autorità competenti per timore della reazione dell’autore. Senza considerare che la situazione si aggrava nei casi di morte. In Italia, secondo i dati aggiornati a fine novembre 2024, sono state uccise 100 donne. Nel giugno del 2012, Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite richiamando l’Italia per la gravità con cui si manifesta il fenomeno della violenza sulle donne ha affermato che “i femminicidi sono un crimine di stato, tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne che vivono diverse forme di violenze e di discriminazioni durante la loro vita […] e sono l’estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti contro le donne originati da aspetti economici, sociali e politici”. E’ evidente che, alla luce dei numeri sopracitati, l’Italia deve implementare le misure di prevenzione e protezione. A livello territoriale, secondo i dati più recenti dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, la Calabria è sopra la media nazionale per i “reati spia” di stalking e maltrattamenti contro familiari e conviventi, e l’indice di femminicidi è superiore dello 0,33% rispetto a quello del resto d’Italia. L’unico dato confortante, è che, al contrario, risultano essere sotto media nazionale i reati di violenza sessuale. Il presente progetto di legge – traendo ispirazione dai diritti fondamentali riconosciuti dall’ONU, dalla Convenzione sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne/CEDAW, dalle Risoluzioni dell’UE, dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio Europeo sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, dalla Costituzione italiana, e dai principi dello Statuto regionale – vuole affrontare alla radice l’emergenza sociale della violenza sulle donne nella vita pubblica e privata, in tutta la sua complessità e in tutte le forme in cui si manifesta nella regione Calabria. Diciassette anni dopo la promulgazione della legge regionale n. 20 del 21 agosto 2007, rubricata “Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficoltà”, si evidenzia l’urgenza di aggiornare e rafforzare tale normativa. L’Italia, a seguito della ratifica della Convenzione di Istanbul (27 settembre 2012, ratificata con legge n. 77 del 2013), si è impegnata a istituire una strategia integrata per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Tra gli interventi più rilevanti, la legge n. 69 del 2019, nota come “Codice Rosso”, ha trasposto i principi della Convenzione nell’ordinamento italiano, introducendo misure penali e processuali per prevenire i reati di violenza di genere, proteggere le vittime e punire i colpevoli. I dati statistici pubblicati dal Ministero dell’Interno mostrano che i reati introdotti dalla legge n. 69/2019, come gli atti persecutori (art. 612-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e le violenze sessuali (art. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.), colpiscono principalmente le donne, configurandosi come “reati spia” della violenza di genere. Di fronte a questo quadro allarmante, risulta imprescindibile intraprendere un’azione determinata e incisiva per affrontare le criticità evidenziate dall’attuale L.R. n.20/2007, che presenta limiti strutturali e operativi in grado di compromettere la stabilità e l’efficacia degli interventi a sostegno delle donne vittime di violenza, in particolare emerge con preoccupazione la precarietà che caratterizza i centri antiviolenza, costretti a operare prevalentemente su base progettuale e dunque privi della continuità necessaria per garantire un supporto stabile e adeguato, e si evidenzia altresì l’assenza di un fondo unico regionale, indispensabile per promuovere lo sviluppo organico e coordinato non solo dei centri antiviolenza, ma anche degli istituti collaterali che contribuiscono a questa rete di protezione. Il presente progetto di legge si pone l’obiettivo di: 1) creare le condizioni, anche e soprattutto attraverso la diffusione di una cultura di valorizzazione della differenza di genere, della dignità e del rispetto delle donne, per prevenire e ridurre il fenomeno della violenza in tutta la complessità delle forme in cui si manifesta; 2) massimizzare l’efficacia degli interventi a sostegno dei percorsi di autonomia e miglioramento delle singole donne vittime di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica, affinché le stesse possano tornare ad esercitare i propri diritti umani e di cittadinanza; 3) rafforzare e migliorare la diffusione delle Case e Centri antiviolenza e delle Case rifugio in tutto il territorio regionale, tendendo al raggiungimento dei parametri europei; 4) mettere a sistema gli interventi di prevenzione della violenza sulle donne attraverso progetti educativi e culturali diffusi e permanenti; 5) diffondere i servizi di accompagnamento al cambiamento degli uomini violenti. La P.L. intende perseguire quanto elencato mettendo a sistema, monitorando e verificando la capillarità e l’adeguatezza, rispetto ai bisogni espressi dai singoli territori, delle attività già messe in atto dalla Regione attraverso il sistema locale dei servizi sociali di zona, nonché, investendo risorse aggiuntive sul contrasto e sulla prevenzione del fenomeno, favorendo gli strumenti che – secondo anche i dati delle altre Regioni che hanno già legiferato sul punto – si sono rivelati più efficaci, diffondendo le buone prassi e i progetti innovativi, in particolare: 1)favorendo la creazione di una “Rete regionale contro la violenza” formata dagli enti pubblici territoriali, dalle istituzioni pubbliche e dagli organismi del privato sociale che già intervengono nelle reti locali create dalle diverse province e comuni; 2)realizzando – direttamente o tramite altri soggetti pubblici e privati (enti scolastici, comuni e province, associazioni femminili, centri di documentazione) – progetti e interventi di prevenzione nel campo della istruzione e della formazione rivolte a diverse fasce scolastiche e diversi target (uomini/donne ragazzi/adulti); 3)promuovendo azioni di sensibilizzazione contro gli stereotipi di genere in particolare nel campo della comunicazione dei media; 4)promuovendo corsi di formazione, anche congiunti, fra tutti i soggetti coinvolti nei servizi di prevenzione, contrasto del fenomeno, accoglienza e sostegno delle donne vittime e di accompagnamento al cambiamento per gli uomini violenti; 5)attivando azioni per favorire la soluzione dei problemi abitativi delle vittime con figli minori; 6)promuovendo progetti per l’occupazione delle vittime; In tale contesto, gli obiettivi della nuova legge devono orientarsi verso la creazione di un fondo unico regionale, sostenuto da risorse tanto regionali quanto nazionali, al fine di assicurare un finanziamento stabile e strutturale per i centri antiviolenza e le case rifugio, i quali rappresentano baluardi essenziali nella lotta contro la violenza di genere e necessitano di un rafforzamento complessivo che consenta loro di ampliare l’accessibilità e l’efficacia delle loro azioni, nonché verso l’implementazione e il potenziamento degli interventi già previsti dalla normativa vigente, i quali, seppur enunciati, risultano in molti casi rimasti inattuati o realizzati solo parzialmente, perpetuando così una condizione di inefficienza che necessita di essere superata con un approccio globale e determinato, capace di coniugare una visione a lungo termine con la tempestività delle risposte operative.

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